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Convergenza Profit / Non-Profit. Una riflessione sul Quarto Settore a latere del Workshop sull’Impresa Sociale 2015.

Non di solo Expo vive Milano. Nel week end appena trascorso la città è stata al centro dell’attenzione mediatica per aver ospitato l’ottava edizione del Social Enterprise Forum, summit internazionale dedicato all’impresa sociale. Tornato in Europa a 6 anni dalla sua inaugurazione a Edinburgo, l’evento organizzato da Fondazione ACRA-CCS in collaborazione con Fondazione Cariplo e Università IULM ha riallacciato le fila del dibattito sui grandi temi dell’innovazione sociale e della crescita responsabile. Nelle 40 sessioni di lavoro gli attori del business sociale nazionale e internazionale hanno dato il proprio contributo attorno al tema principale della manifestazione: “growing a new economy”, ovvero come rifondare il sistema su basi di crescita e sviluppo.

La tre giorni di approfondimenti e tavole rotonde si è conclusa con l’intervento del premio Nobel e economista bangladese Muhammad Yunus.
Il fondatore della Grameen Bank ha portato una profonda rivoluzione nell’apparato sociale bangladese permettendo a 1,5 milioni di imprenditori di avviare il proprio progetto grazie all’accesso a piccole tranche di finanziamento (micro-credito). Eliminando l’obbligo di presentare garanzie aggiuntive come richiederebbe una qualunque banca ma prescrivendo l’obbligo di depositare delle piccole cifre ogni mese: in questo modo il fondo non solo è “prestatore” di denaro ma vero deposito per gli stessi finanziatori.

Nella tavola rotonda dal titolo “Convergence profit-non profit to achieve sustainable value”, Yunus ha concentrato il suo intervento sui vantaggi sociali dell’attività imprenditoriale responsabile. Ovvero sulla materia che oggi in Europa va sotto il nome di “Quarto settore”.

COS’E’ IL QUARTO SETTORE?

Il Quarto settore rappresenta il superamento della contrapposizione tra i settori privato, pubblico e non-profit per rispondere alle sfide che il sistema economico attuale impone.
Gib Bulloch di Fondazione Accenture sulla Stanford Social Innovation Review  definisce il quarto settore come “il settore che persegue finalità sociali con mezzi misurabili, scalabili e infine profittevoli”. Si serve di reti sociali, organizzazioni, movimenti con l’obiettivo di offrire soluzioni a problemi territoriali e sociali.

Per lungo tempo i settori profit e non-profit hanno vissuto in netta contrapposizione, identificati come portatori di finalità e metodi antitetici. Negli ultimi anni i confini tra i due mondi sono diventati sempre meno netti tanto da far parlare di “apparati ibridi”: società business che perseguono finalità sociali e imprese non profit che lavorano secondo schemi tipici del profit (a questo link un approfondimento sull’avanzata del Quarto settore condotto a maggio 2015 da Fondazione Accenture).

Lo stesso Yunus cita una joint venture di successo sottoscritta da Grameen Bank con Danone per il rifornimento di yogurt ad alto contenuto nutritivo nei villaggi bengalesi, dove la popolazione è affetta da malnutrizione: “Il sistema è sostenibile perché la vendita degli yogurt a prezzi maggiorati nelle città compensa la vendita calmierata nelle regioni più povere. Non guadagna Danone, non guadagniamo noi. Il business è dato dallo sviluppo sociale”.

Questa ibridazione del sistema apre dei grandi punti interrogativi sulla funzione del non-profit e del suo ruolo in relazione agli altri soggetti privati: chi è oggi il portatore del progresso sociale? Il settore privato è abilitato a integrare il non-profit nel perseguimento di un superiore benessere collettivo?

L’appuntamento milanese suggerisce di percorrere con più coraggio la strada della “convergenza”: le imprese profit e non profit sono chiamate a superare la collaborazione spot su singoli obiettivi per convergere su un piano d’azione concordato e su una strategia comune. L’auspicio che arriva da più parti è quello di avviare una collaborazione strategica al fine di ottenere il massimo beneficio in termini di sostenibilità economica e output sociale. Non solo una nuova rotta da intraprendere ma un radicale cambio di mentalità e di approccio.

 

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