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Convengo – “Il corpo mediato. Nuovi media, identità, rappresentazione”, una riflessione sul sexting

Ieri l’Università Cattolica di Milano ha ospitato il convegno internazionale “Il corpo mediato. Nuovi media, identità, rappresentazione” organizzato in occasione della conclusione del progetto Image ME.
Avviato due anni fa dal Cremit (Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media, all’Informazione e alle Tecnologie della Cattolica ) in collaborazione con Industria Scenica e Spazio Giovani di Monza e Brianza, Image ME ha operato una riflessione sui comportamenti a rischio degli adolescenti nel web e sui social network. Parliamo in particolare del sexting, neologismo nato dalla crasi di due parole – sex e texting – che indica lo scambio di contenuti sessuali su internet e tramite chat o social media.

In questi due anni Image ME attraverso la sua mascotte Ops è entrato nelle scuole superiori di Monza e Brianza, è andato nei luoghi del divertimento frequentati dai ragazzi, ha tenuto delle esperienze laboratoriali che hanno coinvolto gli studenti. Parallelamente il Cremit ha condotto una ricerca sulle abitudini online dei giovani utile a leggere ed inquadrare il fenomeno del sexting, ma anche a tracciare i confini degli interventi per arginarlo.

Dando spazio alle diverse realtà coinvolte nel progetto, la giornata del 15 maggio ha aiutato a connettere i puntini di un’operazione composita, fatta di competenze e attività complementari e ugualmente ricche, ha permesso agli operatori di condividere i risultati del proprio lavoro e alle centinaia di ragazzi e genitori coinvolti di poter osservare il frutto dell’attività sul campo.  Per chiarire lo stato dell’arte, certo, ma anche per cercare idealmente non solo un punto di arrivo ma anche un nuovo punto di partenza.

La mattinata ha visto gli interventi dei relatori chiamati a presentare le loro ricerche accanto a momenti performativi con protagonista Ops e gli attori di Industria Scenica. Tra un approfondimento e un question time sono stati proiettati i video girati da Industria Scenica, frutto dei laboratori con le classi.

“Non virtualizzare la relazione”. Serge Tisseron.

Introdotto dal professor Pier Cesare Rivoltella – direttore del Cremit – lo psichiatra e ricercatore francese Serge Tisseron (Università Paris VII Denis Dideròt) ha iniziato il suo intervento partendo dal concetto della “extimitè”: all’opposto dell’intimità, l’extimità è la tendenza a rendere visibili agli altri gli aspetti più intimi e personali di se. “L’estimità – spiega Tisseron – non è di per sé un aspetto negativo. Anzi, fa parte della crescita degli adolescenti perchè crea dei legami”. Il problema è dato dalla conseguenza di voler a tutti i costi alzare l’asticella: ovvero essere sempre più espliciti, aggressivi o provocatori, per assecondare la voglia di farsi notare.
Il ricercatore francese è poi passato all’analisi del rapporto tra realtà e immaginazione. Nelle tre età della comunicazione (orale, scritta e digitale) si assiste a un rafforzamento della capacità di immaginare l’altro, fino a un sovra-dimensionamento dell’immagine rispetto alla realtà: mentre negli scambi vis à vis non c’è spazio per l’immaginazione, nella comunicazione web si lascia tutto alla proiezione di un’immagine, dell’idea che ci si fa dell’altro. Anche qui però Tisseron ci tiene a specificare che questi atteggiamenti non sono di per se negativi. Anzi. “Non è patologico avere una certa immagine dell’altro. Il problema subentra quando si punta tutto sull’immagine dimenticandosi della relazione”.

“Ai giorni nostri le nuove tecnologie sono oltre il corpo. Oltre l’uomo”. Roberto Diodato.

Il secondo intervento è del professor Roberto Diodato, docente di Estetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, il quale apre una riflessione sul tema centrale del convegno: la rappresentazione del corpo. Nell’avvicendarsi delle diverse culture si assiste a una progressiva de-materializzazione e virtualizzazione del corpo, fino all’estremo della cultura attuale, quella virtuale, che fa a meno della corporeità. Nel corso dei secoli si è passati dalla considerazione del corpo come una “prigione” che ospita l’anima: questa oggettivizzazione non fa che rendere il corpo un oggetto da possedere, da sfruttare e stravolgere. Nell’epoca attuale invece assistiamo ad una “spettacolarizzazione del sentire” attraverso i nuovi media che portano a un abbattimento dell’importanza dei confini corporei.

“Oggi il corpo torna in scena. E scombina le carte fino al moral panic”.

Il professor Piermarco Aroldi, sociologo della Cattolica, stringe il focus sul fenomeno del sexting con la sua relazione “Seduzioni immaginarie. La pratica del sexting nelle ricerche su adolescenti e internet”.

Cosa emerge dalla ricerca di Aroldi?
Il sexting è una pratica diffusa maggiormente tra i maschi, in età adolescenziale più avanzata (15-16 anni) e appartenenti a un livello socio culturale più basso. Si fa sexting utilizzando in primo luogo tablet e smartphone poiché facilitano lo scambio immediato di immagini e video.
Ma perché i ragazzi fanno sexting? Ancora una volta la pressione sociale del gruppo sembra essere la causa scatenante: l’accettazione da parte del gruppo dei pari, l’affermazione di una self-presentation positiva è alla base dello scambio di immagini hot che può portare, nelle conseguenze più estreme, alla pedopornografia e alla micro-prostituzione. Il rischio di essere scoperti fa parte dei giochi ma non scoraggia. Sembra anzi incentivare la “normatività percepita” innescando la convinzione che “si deve fare”.
Anche nel sexting si ha la perpetrazione di uno squilibrio nei rapporti di forza tra uomo e donna, in cui il più delle volte la femmina subisce ed è incastrata nella condizione di “lose-lose”, mentre il leader è il maschio.

Nell’ultimo intervento di Pier Cesare Rivoltella e Simona Ferrari assistiamo ai risultati della ricerca con metodologia peer&media condotta da Cremit e Asl di Monza e Brianza.

Cosa emerge dalla ricerca?

Il 17% degli intervistati dichiara di aver inviato sms o immagini a sfondo sessuale, il 24% ha pubblicato contenuti hot e il 21% ha condiviso immagini di altri, sconosciuti nel 43% dei casi, e poi a seguire di amici e conoscenti.
Anche in questa ricerca emerge uno squilibrio tra maschi e femmine: queste ultime sono più predisposte a denunciare il sexting, a differenza dei maschi tra i quali il fenomeno è praticamente inesistente.
Qual è lo stato d’animo dopo aver fatto sexting? Il 59% degli intervistati dice di sentirsi “divertito”, il 21% “imbarazzato” e il 5% “importante” e “parte del gruppo”. L’emergere del bisogno di farsi accettare dal branco è ancora una volta spiegazione delle azioni scriteriate che avvengono in rete.

In basso le slide che hanno accompagnato la presentazione della ricerca ImageME.

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